IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa tra Bono Rosario, avv. Biagio Riolo, contro comune di Tusa, avv. Andrea Cuva. Letti gli atti, sentiti i procuratori delle parti, il tribunale osserva quanto segue in fatto e in diritto. La presente controversia presenta ad oggetto la domanda di risarcimento avanzata da Rosario Bono nei confronti del comune di Tusa con atto di citazione del 23 ottobre 1993. Parte attrice allega che detto ente, in presenza di una dichiarazione di p.u. di una costruenda opera pubblica, consistente nel primo stralcio della strada "G.M. Pellegrini-Logo", avrebbe irreversibilmente trasformato, a fini espropriativi, il gia' occupato fondo sito in Tusa (particella 9, foglio 25 del N.C.T.) di proprieta' attorea, omettendo di provvedere all'emissione di un tempestivo decreto di esproprio. Il convenuto ha resistito, costituendosi in giudizio. Nel corso dell'istruttoria, l'espletata C.T.U. ha accertato la irreversibile trasformazione del fondo attoreo, finalizzata alla realizzazione dell'opera dichiarata di pubblica utilita'. E' risultato altresi' che, malgrado tale irreversibile trasformazione, il comune non ha provveduto, entro i limiti temporali di legge, ad emettere il rituale decreto di esproprio. Coerentemente all'indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, la vicenda in oggetto appare rientrare nell'ambito di applicazione di quell'istituto chiamato "accessione invertita" od "occupazione appropriativa", in virtu' del quale, come e' noto, la p.a. occupante acquista la proprieta' del suolo irreversibilmente manipolato. Orbene, l'art. 5-bis, del d.-l. 11 luglio 1992, convertito dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, come recentemente modificato dall'art. 3, comma 65, della legge n. 662/1996, che vi ha aggiunto il comma 7-bis, nel presupporre detta elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, prevede, in caso di occupazioni illegittime di suoli per causa di pubblica utilita', il diritto del privato ad ottenere, a titolo di liquidazione del danno, una somma corrispondente alla indennita' di esproprio (senza abbattimento del 40%), maggiorata del 10%. Il tribunale, dovendo fare applicazione nel caso di specie del suddetto criterio di liquidazione del danno, sospetta l'incostituzionalita', sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cost.: del combinato disposto degli artt. 5-bis, comma 7-bis, del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, e 938 cod. civ. Il tribunale rileva come il diritto vivente, al fine di giustificare l'istituto della accessione invertita in favore della p.a. costruttrice, abbia rintracciato nell'ordinamento "un principio generale in base al quale regola per la composizione del conflitto (tra costruttore e proprietario del fondo) e' l'attribuzione della proprieta' sia del suolo sia della costruzione al soggetto portatore dell'interesse ritenuto prevalente, secondo una valutazione d'ordine economico-sociale correlata al livello di sviluppo della societa' civile" (Cass. s.u. 1464 del 1983 e Cass. s.u. 3940 del 1988). In particolare, la giurisprudenza ha identificato nell'ente pubblico-costruttore, che persegue un interesse (non egoistico, ma) comune a tutti i consociati, il "soggetto portatore dell 'interesse ritenuto prevalente", con conseguente riconoscimento, in capo ad esso ente, anche della proprieta' del suolo. Nel dettaglio, e' l'art. 938 cod. civ. ad esplicitare il citato principio generale e a costituire il piu' diretto fondamento positivo dell'istituto dell'accessione invertita in favore della p.a., secondo la consolidata interpretazione che ne ha dato la Corte di cassazione in termini di diritto vivente. Infatti e' esclusivamente sulla base della norma contenuta in detto articolo che si rende possibile, nel conflitto tra proprietario di un fondo e costruttore, l'inversione della ordinaria regola dell'accessione, che privilegia, com'e' noto, il proprietario del fondo. Rintracciato quindi nel contenuto dell'art. 938 cod. civ. il fondamento positivo di un'accessione "invertita" per pubblica utilita', questo collegio sospetta l'incostituzionalita' del combinato disposto degli artt. 5-bis, comma 7-bis del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, e 938 cod. civ., rispetto al principio di eguaglianza e di ragionevolezza sancito dall'art. 3 Cost., laddove ingiustificatamente discrimina il proprietario del fondo in conflitto con un soggetto pubblico (costruttore di un'opera di pubblica utilita'), rispetto al proprietario del fondo in conflitto con un soggetto privato, in una situazione analoga. Infatti, nei rapporti tra costruttore privato e proprietario, le conseguenze economiche previste dal codice civile, a carico del costruttore, beneficiario dell'accessione invertita, sono quelle di cui all'art. 938 cod. civ., e cioe': corresponsione del doppio del valore del suolo occupato; risarcimento del danno. Assolutamente differenti, nei rapporti tra costruttore pubblico e proprietario, sono le conseguenze economiche che l'art. 5-bis, comma 7-bis, del cit. d.-l., pone a carico della p.a., per accessione invertita, e cioe' la somma corrispondente all'indennita' di espropriazione (legittima), con maggiorazione del 10%. In termini meramente contabili, le conseguenze riferibili alle due distinte fattispecie descritte si appalesano macroscopicamente ed ingiustificatamente sperequate e dispari. Infatti mentre nel caso di conflitto tra privati il proprietario ha diritto al doppio del valore del fondo occupato, oltre al risarcimento del danno, nel caso di conflitto con un ente pubblico-costruttore il proprietario del fondo non ha diritto ad alcun trattamento indennitario, ma solo al risarcimento del danno (impropriamente compensativo della stessa perdita della proprieta'), per di piu' quantificato ex lege in una somma corrispondente alla indennita' di esproprio, maggiorata del 10%, e cioe' (visto il richiamo alla legge n. 2892 del 1885 di cui al comma 1 del citato art. 5- bis), a circa la meta' del valore venale del fondo occupato. In sintesi, nell'ultima fattispecie descritta, il proprietario ha diritto a circa un quarto della somma a cui avrebbe diritto nell'ipotesi in cui il soggetto costruttore fosse un privato. Tale macroscopica differenza di trattamento non appare giustificabile alla luce delle diversita' pur esistenti tra le due vicende. Non lo e', certo, sulla scorta del riferimento operato dall'art. 938 cod. civ., alla buona fede, elemento ritenuto invece non coessenziale nella ricostruzione dell'accessione invertita per p.u. operata dalla Corte di cassazione. Infatti, se qualche rilievo potesse essere attribuito alla buona fede del costruttore, esso dovrebbe giustificare, quanto agli effetti, un trattamento di favore Al contrario e paradossalmente, al soggetto costruttore privato in buona fede e' riservato un trattamento di evidente disfavore rispetto al soggetto costruttore pubblico, il quale (non importa se in mala o buona fede) risulta obbligato a versare al proprietario del suolo una somma corrispondente a circa un quarto di quanto risulta dovuto dal suo omologo privato. Quanto alla circostanza della avvenuta dichiarazione di p.u. dell'opera costruita dall'ente pubblico, il Tribunale ritiene che siffatto elemento pubblicistico non sia idoeo a giustificare la rilevata disparita' di trattamento. Invero solo la ritualita' del procedimento ablatorio attualizza la funzione sociale della proprieta' e ne legittima il sacrificio a condizioni eque, non necessariamente corrispondenti al controvalore del bene ablato. Purche' il ristoro del pregiudizio economico subito dal privato non sia fissato in misura irrisoria o meramenie simbolica, come e' stato affermato in piu' di un'occasione dalla Corte costituzionale (cfr. Corte cost. n. 5/1980, Corte cost. n. 22/1965, Corte cost. n. 741/1963). E questo principio vale tanto piu' nel caso di espropriazione di fatto, che incontra un parametro di disciplina nell'art. 938 cod. civ. Da cio' discende che l'ablazione a fini espropriativi del diritto di proprieta' con le modalita' dell'accessione invertita potra' si' comportare un riconoscimento non integrale del diritto che al proprietario sarebbe riconosciuto ove il costruttore fosse un soggetto privato (e cioe' il doppio del valore piu' il risarcimento), ma mai potra' determinare la compressione di tale diritto a un quarto circa dello stesso, atteso che la compressione nella misura indicata, del diritto del proprietario deve essere evidentemente qualificata come ristoro "non serio" o meramente "simbolico".